Viaggio della “Memoria” per gli adolescenti
Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene
Il nostro viaggio nei luoghi della Memoria è stato velato da un’aurea di tragicità, di disprezzo, di sentimenti tristi e negativi verso ciò che è stato. Vedere con i propri occhi l’inferno dei lager del Terzo Reich e di un castello trasformato in una “clinica diabolica”, come quelle che si vedono nei film dell’orrore (e pensare che, invece, c’è stato veramente chi ha messo in atto una tanto grande crudeltà), ci ha toccati direttamente, nel profondo. E ci ha toccati tutti. “Perché a lui, o a lei, e non a me”. E’ una riflessione che non abbiamo potuto tacere, dopo aver visto tutto ciò e vissuto questa esperienza.
Dal 22 al 25 aprile abbiamo sostato in diversi luoghi della Baviera e dell’Austria legati al filo conduttore della Memoria del genocidio di ebrei, oppositori politici, omosessuali, zingari, testimoni di Geova e – riportando le parole dell’educatore Francesco, che ci ha guidati in questo cammino – persone che si trovavano “nel posto sbagliato al momento sbagliato”, forse nemmeno appartenenti alle categorie poc’anzi menzionate, ma che erano amici, colleghi di lavoro, famigliari di chi, al contrario, vi apparteneva, ed erano pertanto anch’essi vittima del furore cieco, violento e senza scrupoli di un regime totalitario sotto il quale nessuno era più considerato un uomo o una donna.
Il primo dei tre grandi (e lugubri) memoriali che abbiamo visitato è stato il campo di concentramento (Konzentrationslager) di Dachau, in Germania, non molto distante da Monaco, il capoluogo del Land della Baviera. Sebbene sia stato classificato come un campo di livello 1 in quanto concedeva alcuni “privilegi” ai suoi detenuti, vantava in ogni caso brutali trattamenti che venivano loro riservati, come il gioco nel giardino delle rose: accadeva infatti che le Ss a volte si annoiassero e quindi prelevassero, puramente a caso, alcuni detenuti, e li lasciassero correre nel giardino delle rose mentre i soldati li inseguivano. Ovviamente, vinceva il “gioco” il soldato che ne faceva secchi di più. E’ stato davvero bello il momento in cui, su consiglio di Francesco, ognuno di noi ha raccolto, dalle grandi aree dove prima vi erano costruite le catapecchie degli internati, un sasso. Ognuno di quei sassi rappresenta uno di loro, uno dei detenuti di Dachau, e serve per farci ricordare che quando siamo arrabbiati, offesi, o semplicemente tristi, che c’è stato chi, tra le mura di un campo di concentramento, ha perso la vita solo perché era “diverso”, oppure perché “si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato”.
Ancor più dura è stata la visita a Mauthausen, l’unico campo di concentramento di livello 3 tra quelli costruiti dal Reich. Carico di un’essenza di male, sorge su una collina a diversi minuti di cammino dalla stazione dove arrivava il treno. I deportati, senza aver mangiato e bevuto per un lungo periodo, dovevano marciare spediti e al passo dei soldati delle Ss per raggiungere il campo. Soltanto un esiguo drappello di malcapitati vi arrivava, e davanti ad esso c’era una piscina che serviva come luogo di svago per i soldati e di sevizie terribili per i detenuti. Vi erano diverse e terribili “prove di abilità” da superare, e poi si entrava nel cortile del campo (Appelplatz), con la torre del forno crematorio in bella vista; un avvertimento chiaro e tondo: “da qui non si esce, se non passando attraverso un camino”.
Ma il luogo forse più atroce di tutti quelli che abbiamo visto è stato il castello di Hartheim. La grande macina che appare davanti al castello, sul prato fiorito, ci parla dei tragici eventi che si sono consumati nei sotterranei di quello che appare come un castello delle favole. La dimostrazione che il regime di Hitler in Germania non si sia macchiato le mani di sangue soltanto redigendo le vergognose leggi razziali di Norimberga (e provocando la catena inarrestabile delle loro conseguenze), bensì anche per aver commesso l’odioso e deplorevole crimine dell’assassinio scellerato e abominevole di migliaia di “bambini tedeschi imperfetti”, trova la sua verità tra le mura di questo castello, nei suoi sotterranei, dove ancora oggi, censurate dal cemento armato, ci sono terribili sale di tortura in cui molti bambini sono morti per esseri stati usati come “cavie da laboratorio” in esperimenti medici e scientifici senza anestesia.
Per non rendere il nostro viaggio un’esperienza triste al cento per cento, abbiamo intervallato i momenti più forti ed emozionali con piacevoli visite in alcune città più o meno famose, come Monaco di Baviera, Altötting (sede di un importante santuario mariano caro al Papa emerito Benedetto XVI), Marktl am Inn (città natale di Benedetto XVI) e Salisburgo. Un percorso che ci ha informati su ciò che è stato con il fine di farci ragionare e riflettere su di noi e sulla fortuna che abbiamo, affinché ci ricordiamo che c’è stato chi non ha potuto goderne.
Mauro